La fine delle terre – di M.Piras

Edizione Prima
Novembre 2021
ISBN 9788899562342
Pag 160
Copertina Flessibile

Mi sdraio su questa terra
Sotto il fumo dei camini
Pronto al viaggio
Senza il biglietto.

Matteo Piras è nato a Sassari nel 1989. Insegnante di italiano, alterna la sua passione per la poesia e la letteratura a quella per i viaggi. Ha studiato lingue all’Università di Sassari, di Bologna e di Roma.

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15,00 

Descrizione

A due anni dal suo felice esordio letterario con Il silenzio dei gabbiani (La Città degli Dèi), Matteo Piras sceglie ancora la poesia per proporci una nuova silloge, ideale continuazione della precedente, con l’ambizione di spalancarci nuovi orizzonti.
Il viaggio, filo conduttore della sua opera prima, continua dunque, stavolta sotto lo sguardo ora distaccato ora complice di due “entità”, astratte e concrete al tempo stesso, che contrassegnano le due parti di cui si compone il libro. Le costellazioni dello Zodiaco, da un lato, capaci di influenzare il cammino – fors’anche il destino? – dell’inconsapevole viandante. Quegli influssi così terreni (i vizi capitali) dall’altra, chiavi di lettura sempre attuali degli eterni, immutabili comportamenti umani.
Viaggio nella vita e della vita tra realtà, percezione, desiderio, incanto e disincanto, le poesie di Matteo Piras possono essere lette come un percorso, prima di tutto interiore, alla scoperta di sé e degli altri, nel contesto di un mondo decadente, sia pur cangiante, in cui forse l’Autore non si riconosce ma del quale peraltro pare riuscire a cogliere, o almeno a intuire, l’essenza più intima: quel Bello che non è visibile a tutti ma si annida nelle pieghe di un sorriso abbozzato, di un silenzio fragoroso, di un’alba ogni volta nuova e sorprendente.
Un viaggio che diviene davvero metafora della vita, e della condizione, umana. E ogni volta che il naufragio sembra ineluttabile, ecco che interviene quel qualcosa di salutifero a spazzar via le tenebre della notte e dischiudere orizzonti di senso inaspettati. Che sia la contemplazione dell’Eterno, o un caldo abbraccio, o uno sguardo rubato, poco cambia: ciò che conta davvero è superare la propria finitezza, per attingere quella dimensione, non meramente onirica ma spiritualmente quasi materiale, in cui il contingente e l’assoluto si toccano, e l’uomo, riconciliato con se stesso e con la Natura, può finalmente cantare la sua vittoria.
Attraverso l’intenso e costante lavorio introspettivo del suo io lirico, l’Autore affina e approfondisce la sua ricerca di autenticità, affidandosi alla guida sicura dei ciceroni che più hanno segnato la sua formazione: Storia, mitologia, cultura classica, un senso del sacro – tra esoterismo e arcani misteri – così acuto e personale da non potersi confondere né con qualsivoglia religione tradizionalmente intesa né con le tendenze alla moda stile New Age.
La poesia di Matteo Piras, in questa seconda raccolta ancora più attenta e sensibile alla varietà dei registri linguistici, all’eleganza e alla musicalità del verso, nutrite anche di una misuratissima ricerca della rima e più ancora dell’assonanza, non ha bisogno di descrivere, di ancorare il viaggio alle consuete tappe marcate da indicatori temporali o di luogo, di fissare in precisi tratti somatici o in un determinato canone estetico la figura femminile che funge da Musa ispiratrice alla sua fantasia, nonché da esemplificazione dell’Amore come lo intende lui: forte, vero, totalizzante forse, eppure quotidiano, fatto di cose e di gesti semplici, espressione di un’emozione autentica e pura. Un porto sicuro, suggerito attraverso una stilizzazione che sembra quasi adombrare una sorta di stilnovismo 2.0.
Nella ciclicità della Natura, negli incontri sempre nuovi a spasso per la Storia e per il Mondo, negli amori vissuti, vagheggiati, rimpianti o soltanto contemplati, Matteo sembra indicarci un sentiero da percorrere. Di là dall’arrendersi al degrado dei tempi, che con felicissima antifrasi è contrassegnato dall’espressione “età dell’oro”, ci è sempre possibile, allora, metterci in cammino, armati delle nostre insicurezze che più ci fanno Uomini, per (ri)scoprire la parte più autentica di noi e una ritrovata consonanza con ciò che ci circonda.
Stefano Satta

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